L’obiettivo del mio lavoro ha come finalità la costruzione visiva di una mappatura emotiva, fisica e virtuale delle donne del passato e della contemporaneità, protagoniste di esperienze legate a fatti di cronaca. L’apertura all’esperienza è veicolata attraverso il mio corpo, inteso come mezzo di confronto diretto per la conoscenza delle storie di altri esseri umani.

Il lavoro, con esito di natura fotografico/performativa, ha l’esigenza di incarnare diverse identità fisico/psico- logiche e di analizzare quale sia la radice della violenza nell’incontro tra i generi, valutando come la dialettica tra maschile e femminile si traduca in rapporti reciproci di conflittualità e potere.

Le fotografie sono il risultato di un processo che si compone di una fase performativa, talvolta aperta al pub- blico o realizzata nella mia camera e documentata. L’obiettivo è identificarmi con donne che hanno subito ed esercitato violenza nel rapporto con l’altro sesso, studiarne le biografie e incrociare la mia vita con la loro, per analizzare quale sia la radice del dolore e della forza che ci accomuna. Il dato importante è la loro condizione psicologica prima della morte, per aprire l’immaginario su un ipotetico ritorno.

Mi confondo con loro, l’abbigliamento è adattato dallo stesso che uso nella mia vita quotidiana. Produco fotografie fino a quando l’equilibrio dell’immagine diventa perfetto. La volontà è quella di restituire con il pretesto dell’arte, vite che sono state spente.

Sento la loro fragilità e ricompongo nel “ritorno” la forza che mi porta in uno stato di riconciliazione tra il giusto e lo sbagliato, tra il bene e il male, una condizione spirituale che mi piacerebbe restituire allo spetta- tore.

Il più delle volte strutturato attraverso l’autoritratto, il lavoro è investigativo, mimetico e documentaristico, accompagnato anche da letture, sculture, video, oggetti, tutto sul confine tra il reale e l’ipotetico.

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